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Deinfluencing, rivoluzione egualitaria o (solo) una nuova tendenza?

Deinfluencing, rivoluzione egualitaria o (solo) una nuova tendenza?

Difficile capire se dietro al fenomeno ci siano i primi segnali di disinvestimento nel settore o si tratti solo di una richiesta di maggior sobrietà e discrezione.

 

Deinfluencing: se non sapete che cosa vogli dire, state tranquilli, non vi siete persi molto. E anche chi, per professione, lavora con i social o semplicemente li segue, non sa dire se siamo davanti all’Apocalisse dell’influencer marketing o solo di fronte a nuova sua tendenza.

 

Ma partiamo dall’inizio, o perlomeno proviamoci. Da qualche tempo si parla di Deinfluencing per descrivere quel fenomeno, nato per primo su Tik Tok, secondo cui creators e personalità dei social esortano gli utenti a non acquistare un prodotto, arrivando a recensirlo negativamente. Fenomeno che si estende non solo ai prodotti, ma anche alle esperienze, spesso offerte gratuitamente in resort di lusso o ristoranti stellati, in cambio di visibilità e rating positivi.  Difficile dire se il fenomeno sia nato cogliendo la stanchezza delle persone, stufe dei consigli per gli acquisti 24h/24, se sia conseguenza di una voglia di trasparenza degli utenti o invece sia frutto della rivolta di chi deve pagare somme più alte per essere promosso. Ha fatto rumore, qualche giorno fa, il j’accuse dello chef stellato Lele Usai sul suo feed: «Se vorrete venire presso uno dei nostri ristoranti ne saremo lieti, ma sia chiaro: pagherete il conto come tutti i nostri ospiti. Questo vi consentirà anche di essere liberi quando racconterete sui vostri canali l’esperienza fatta da noi. Si chiama onestà intellettuale senza conflitti d’interessi». Il post in questione, visibile sui social, è stato ripreso anche da riviste e newsmagazine.

 

E le visualizzazioni dei video di “sconsigli” crescono così tanto che è lecito chiedersi se sia in atto una rivoluzione della comunicazione che mette nel mirino, per primi, influencer patinati e marchi che si avvalgono dei loro servizi. Pensandoci, mentre l’hashtag #deinfluencing arriva a quasi ventuno milioni di visualizzazioni, siamo andati a vedere le previsioni sul mercato influencer, per capire se si tratta di istanze reali o di un trend del momento. Una prima risposta arriva dall’Associazione Utenti della Pubblicità che, nel proprio convegno Influencer marketing 2022, ha segnalato che nel 2022 il settore è cresciuto dell’8%. Un’altra, meno istituzionale, dal crescente successo di riviste online come Webboh, che raccontano pettegolezzi e retroscena su creatori di contenuti e star delle stories, un po’ come se fossero teste coronate e divi di Hollywood. Numeri e fatti che lasciano intendere che la richiesta di deinfluencing sia parte dell’influencing stesso.