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Grande distribuzione pubblicitaria, ecco la rivoluzione dei “retail media”

retail media digital advertising

In ascesa i retailer che vendono spazi pubblicitari, mentre Google e Meta soffrono per la privacy. GDO in fermento per la creazione di cordate e concessionarie.

La nuova rivelazione del settore pubblicitario, il retail media, sta diventando uno dei canali a più rapida crescita in ambito digitale. In Europa, secondo dati Lab Europe, si stima che possa valere venticinque miliardi di euro entro i prossimi tre anni. Una risorsa ad alta marginalità per le grandi catene, alimentari e non alimentari, che porta in auge la GDO in ambito digitale con un’inedita rivoluzione da media buyer a media seller, spinta dalla forza della sua audience: grandissima e reale.

Per retail media network (RMN) si intende l’intero complesso di spazi pubblicitari, offline (punto vendita) e online (ecommerce, social, app, newsletter, wallet), che sono stati realizzati o attivati da un retailer e vengono messi a disposizione degli inserzionisti. La fortuna di questi network, oggi, si deve in gran parte all’evoluzione delle norme sulla privacy a tutela degli utenti del web, che impoveriscono le potenzialità – e accrescono i costi – delle piattaforme social e di Google, fino a ieri leader incontrastati nella vendita di spazi.

Oggi sono essenzialmente due gli spartiacque che definiscono le opportunità di successo di un media: la proprietà degli spazi e la licenza all’utilizzo dei dati. Spazi fisici e spazi digitali mantengono distinti punti di forza concorrenti, o meglio complementari quando messi in comunicazione tra loro (internet of things, realtà aumentata, totem in punto vendita etc); ciò che conta, è che siano spazi frequentati, interattivi, vissuti. Ma ancora più cruciali sono i dati personali, che non potendo più essere acquisiti in automatico attraverso la somministrazione unilaterale di cookies, incidono sulla possibilità di capitalizzare la reach e le impression di qualunque annuncio. Ciascun utente dispone dei propri dati come meglio ritiene, secondo le norme introdotte dall’UE: la volatilità che ne deriva rimodella il sistema di potere che sta dietro il digital advertising e favorisce chi dispone di un ampio database, autorizzato e fidelizzato, come i grandi nomi della GDO. 

Pioniere del retail media network è stato il leviatano dell’e-commerce e dei web services: Amazon. Carrefour e Publicis hanno unito le forze per creare Unlimitail, una forza alternativa che ha radici nel retail fisico e nella comunicazione omnicanale e conta già un miliardo e mezzo di pagine visitate ogni mese. Un altro colosso, il Gruppo Schwarz, adesso stipula un’alleanza con The Trade Desk e vara una piattaforma che mette insieme il potenziale delle attività online di Lidl e del marketplace degli ipermercati Kaufland. A pilotare l’operazione è il dipartimento media di Schwarz Gruppe, il primo operatore europeo della moderna distribuzione (e non solo), con un fatturato consolidato di centocinquanta miliardi di euro nel 2022 (15,4%), una rete di dodicimila discount in trentuno paesi, più millecinquecento ipermercati in Germania e nell’Est europeo.

Ma non è solo questione di dimensioni. «Per distinguersi con i budget pubblicitari, i retailer devono considerare cosa li distingue dalla concorrenza e come possono sfruttare i loro punti di forza per attirare brand e fornitori nel proprio network”, spiega Kevin Dunn, vicepresidente vendite, retail e CPG di LiveRamp, in una recente intervista su Engage. E aggiunge: «Un retailer relativamente piccolo con una base di clienti fedeli e una grande conoscenza dei dati si può distinguere offrendo pubblicità altamente mirata a un gruppo demografico molto specifico».