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Alla scoperta dei brand Zalando: più inclusivi, trasparenti e sostenibili

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Nuovi design per l’assortimento a marchio privato dell’e-commerce berlinese, che sfida gli stereotipi nel segno della diversity e punta alla circolarità delle materie prime.

La collezione autunno-inverno 2023 di Zalando si arricchisce di una nuova linea che punta sul taglio sartoriale, sul tessuto di qualità e sulla circolarità del singolo capo: si chiama “Zign Studio” e va ad arricchire il crescente parco di private label di casa Zalando con ottanta nuovi modelli equamente divisi tra donna e uomo. Per tutti, il fashion mix ha due cardini: vestibilità adatta alle sfide della quotidianità e design coraggiosi che giocano d’anticipo sui trend della moda.

Dopo aver aggiunto Victoria Beckham, Roksanda e l’italiana GCDS al suo pool di designer, la tedesca Zalando prosegue nel solco del “real life luxury”, il lusso della vita di tutti i giorni, che unisce innovazione e design circolare. «I nostri marchi propri (Anna Field, Even&Odd, Friboo, Pier One, Yourturn e ZIGN, ndr) sono un incubatore di idee nuove, un laboratorio che ci permette di testare soluzioni innovative nel campo della moda, soprattutto in termini di sostenibilità, circolarità, diversità e inclusione», spiega Sara Diez, vp private label & product supply di Zalando. «Un cittadino su cinque in Europa vive con qualche forma di disabilità: noi vogliamo offrire a queste persone collezioni alla moda e la possibilità di scegliere tra molte proposte». Così, i piumini si chiudono con un magnete, le camicie hanno una zip al posto dei bottoni. «Tutti devono avere la possibilità di vestirsi senza sacrificare il proprio stile», conclude Diez, ma a quale prezzo? Dai venti ai centosettanta euro per i capi in tessuto; dagli ottanta ai centoquaranta euro per le scarpe; dai quindici ai settanta euro per gli accessori.

E la sfida della circolarità certamente non è un vezzo, per un pure-player da cinquantuno milioni di clienti attivi, che deve confrontarsi ogni giorno con il DNA altamente inquinante del fast fashion. Perciò Zalando ha deciso di ripartire dalle materie prime, assicurando che almeno il 95% dei pezzi della collezione sarà realizzato con un unico materiale. In questo modo, i capi a fine vita possono inserirsi all’interno del ciclo biologico o del ciclo tecnico, cioè degradarsi completamente oppure essere riciclati e rigenerati in nuove risorse (anziché alimentare roghi tossici nelle città-discarica del terzo mondo). «Non siamo proprietari di alcun impianto produttivo, ma crediamo che la più vasta trasparenza sia la chiave per guidare il cambiamento», è l’impegno preso da Zalando, che sul sito corporate pubblica l’elenco esaustivo dei suoi centootto fornitori e, più a monte, i nomi di centottanta tier-1-factories, aziende che si collocano al primo livello della supply chain.

La scommessa di Sara Diez cerca di tenere insieme l’attrattiva del prodotto e la tutela del bene comune, ma dovrà confrontarsi con la durezza del mercato. Zalando ha archiviato il 2022 con un Gross merchandise value in crescita del 3%, a quota 14,8 miliardi di euro, e un fatturato di 10,3 miliardi di euro, ma gli ultimi risultati parlano di un calo dell’1,8% sui volumi di vendita e del 2,5% sul fatturato. Se non ritorna in positivo entro dicembre, si tornerà a risparmiare sulla circolarità?