Altavia racconta: nuovi modelli retail in Cina
Gianvito D’Onghia, Managing partner di Creative Capital (Gruppo Altavia) ci racconta le ultime tendenze del retail cinese, delineando alcuni modelli che presto potrebbero ispirare il “domani” di quello europeo.
Nei primi due Fashion Talk delle scorse settimane si è evidenziata l’importanza di utilizzare un “approccio umano” nel combinare fisico e digitale in un’unica esperienza integrata. E-commerce e canali di distribuzione tradizionali, dunque non concorrono tra loro, bensì si completano per valorizzarsi a vicenda. Il retail cinese offre un ventaglio interessante di possibilità che potrebbero rappresentare il “domani” di altri mercati. Qui di seguito le tendenze più rilevanti:
Centri commerciali: da “incubatori d’acquisto” a “incubatori di esperienze”.
Ne è un esempio il centro commerciale SKP di Pechino, in cui il consumatore si trova immerso in un percorso di installazioni artistiche di ispirazione futuristica. Le installazioni, progettate in collaborazione con Gentle Monster, guidano il consumatore in un percorso a metà tra sogno e realtà, in cui tecnologia ed intelligenza artificiale la fanno da padrone.
Punti vendita: ecosistemi che integrano le funzioni digitali nello spazio fisico.
Il nuovo negozio Burberry di Shenzhen ne costituisce un punto di riferimento all’avanguardia: entrando nel negozio digitalizzato, il consumatore interagisce con un avatar attraverso il mini-programma Wechat del marchio. L’avatar è legato ad un sistema di crediti “social”: più si interagisce con il mini-programma, più si accede a contenuti di diverso livello. Nello stesso spazio digitale si può prenotare la visita in negozio, personalizzare i camerini, pre-selezionare i prodotti.
Altro esempio interessante è il nuovo negozio Nike a Canton, la cui app Nike-experience permette di prenotare allenamenti che iniziano in negozio e proseguono nella città. Tramite Wechat si accede a modelli, taglie e contenuti “social”, scannerizzando il QR code presente sui prodotti, o selezionando gli articoli dal mini-programma dedicato. Infine, grazie alla funzione Nike-Fit si può mappare la struttura del piede, così da individuare modelli e taglie più adatte. Tali informazioni restano nel profilo del consumatore, per guidarlo negli acquisti futuri anche sul canale digitale.
Punti vendita: spazi che indirizzano il traffico-clienti sul canale digitale.
Diversi brand DTC (direct to consumers) forniscono spunti interessanti in questo senso. Perfect Diary, il marchio di trucchi inizialmente distribuito solo online, ora conta 40 negozi in Cina. L’e-commerce copre capillarmente il territorio, mentre i punti vendita sono centri esperienziali, tutti diversi per design e codici estetici. Scannerizzando il QR code in store, si accede a un consulente di bellezza virtuale nel miniprogramma, in cui si comunicano sia news di prodotto, che “hong bao” (simili a voucher-sconto), alcuni fruibili solo in negozio.
Un altro esempio interessante arriva dall’abbigliamento intimo: Banana-In, nato nel 2017 come DTC, ha inaugurato quest’anno il suo primo negozio fisico a Shenzhen. Il negozio diventa l’universo identitario del marchio, in cui il consumatore fa esperienza concreta della sua proposta di valore: “Live in future”. Va notata la forte coerenza d’immagine tra il design del mini-programma Wechat, l’e-commerce, il packaging ed il design del negozio.
La strategia adottata da questi marchi DTC suggerisce un possibile approccio (più sostenibile) al retail per il futuro: copertura capillare del mercato attraverso l’e-commerce, combinata ad una rete di distribuzione fisica “nomadica”, fatta di una rete di pochi negozi o negozi “pop-up” dal design unico, legato alle tendenze del momento o alle peculiarità culturali delle città in cui si trovano.
Gli esempi riportati sono un interessante esempio di come il supporto tecnologico al retail tradizionale, se usato nel modo giusto, non cannibalizzi il canale fisico, bensì lo valorizzi e lo integri a quello digitale, creando un’esperienza il cui fine ultimo resta sempre “l’umanizzazione del retail”, l’esperienza filtrata attraverso i cinque sensi. Una tale evoluzione pone sfide interessanti non solo in termini di soluzioni per la messa in opera di questi modelli, ma anche in termini di nuovi KPI (come il “valore mediatico” del negozio e le vendite on-line trainate dal canale fisico), che permettano di raccogliere ed interpretare al meglio i dati in questo nuovo panorama retail, in cui non vi è più distinzione tra i due formati. Resta da vedere quali mercati (e come) sapranno riadattare al proprio contesto locale il modello phygital cinese.