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Centri Commerciali verso una rinascita, intervista a Roberto Zoia, Presidente CNCC.

Centri Commerciali verso una rinascita, intervista a Roberto Zoia, Presidente CNCC

 

Nuovo mandato per Roberto Zoia che immagina risultati sopra il 2019 per l’anno in corso. Rigenerazione urbana, intrattenimento e innovazione le parole d’ordine per i prossimi tre anni.

 

Ritornano a crescere gli ingressi nei templi del commercio, ripartono le assunzioni e cresce il fatturato oltre livelli pre-covid, mentre i grandi gruppi del real estate si sfidano sull’innovazione dell’offerta e collaborano per la sostenibilità. Ci siamo confrontati su questi temi con Roberto Zoia, in occasione della recente rielezione a presidente del Consiglio Nazionale dei Centri Commerciali.

 

Presidente, a che punto siamo con la sostenibilità? Quali sono le aree di intervento più problematiche per i centri commerciali?

 

La sostenibilità è una priorità che ci siamo dati già da qualche anno, come industria. La intendiamo a 360°: non solo Environment quindi, ma anche Social e Governance. Chi risponde meglio a questo obiettivo, tendenzialmente, sono i player più grandi. In Italia ci sono dieci gruppi proprietari che messi insieme contano trecentotrenta centri (un terzo del totale, ndr) e sono tutti molto committed. Un impulso è dato sicuramente dal fatto che la sostenibilità comincia a diventare un fattore chiave anche a livello finanziario. Nhood è sicuramente uno dei nostri soci più vivaci, grazie a progetti di sviluppo che permettono di ripensare il centro commerciale da zero e puntare a livelli di sostenibilità elevati.

Nella norma, le aree di intervento più difficoltose sono impiantistica e strutture. Infatti, tenendo conto che l’età media dei centri commerciali italiani è quindici anni, un rinnovamento totale non è semplice, anzi, non è possibile nell’immediato. Quello che registriamo però è un impegno comune a fare alcuni passi avanti lavorando su efficientamento energetico, energie rinnovabili, digitalizzazione e rifiuti. È una tendenza già vista in Canada e USA, ma anche in Italia ci stiamo allineando.

Dal canto nostro, con CNCC, abbiamo realizzato e promosso “Il Manifesto per la Sostenibilità”, iniziativa con cui l’Industria si pone l’ambizioso obiettivo di perseguire otto dei diciassette Sustainable Development Goals (SDG) definiti dalle Nazioni Unite nell’ambito dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile. Al fine di rendere il proprio impegno chiaro e misurabile, l’Associazione ha affidato ad ALTIS dell’Università Cattolica del Sacro Cuore il compito di valutare, anno dopo anno, le attività svolte dai soci aderenti al sistema di valutazione del Manifesto e premierà gli sforzi effettuati e i miglioramenti ottenuti dando evidenza pubblica all’iniziativa e ai propri associati.

 

Quanto è cambiata la concezione architettonica e urbanistica dei centri commerciali? C’è futuro per i mall isolati, lontani dai centri abitati e raggiungibili solo in auto?

 

In Italia ci stiamo muovendo su due fronti: da una parte troviamo un nuovo modello fatto di destinazioni ibride che includono abitazioni e uffici, verde pubblico, zero consumo di suolo, in cui la rigenerazione urbana è un fattore chiave. Dall’altra esiste il centro commerciale tradizionale che al momento è dominante, in quanto mantiene un’importanza commerciale e sociale per determinati bacini in cui le abitudini di consumo sono tornate alla normalità dopo le restrizioni legate alla pandemia. Se c’è domanda, l’offerta tiene. In tante aree di territorio per il momento è un format insostituibile, ma allo stesso tempo, in linea con i nuovi trend di consumo, vedo meno probabile l’apertura di nuovi jumbo (centri di oltre cinquantamila metri quadri, ndr).

Per entrambi i modelli servono dei buoni standard in comune. All’interno del centro commerciale, infatti, non può esserci soltanto lo shopping: l’offerta deve includere anche servizi di vario genere e una molteplicità di attività che stimolino la frequentazione. Ad esempio, va sicuramente ripensato l’intrattenimento, che sta cambiando ovunque e richiede nuove formule.

 

Vale anche per il cinema?

 

Chi ha investito nell’innovazione delle sale, ottiene dei risultati. “Avatar” è andato benissimo, anche raffrontato a livelli pre-pandemici, ma non è sufficiente un film come leva di attrazione. Per tenere alti i numeri è necessario pensare alle sale come location comode e servite anche per produzioni non cinematografiche. Penso a giochi, sport e realtà virtuale per giovani e bambini. Tutto questo si combina con nuove abitudini di vita e di consumo che attribuiscono ai centri commerciali un ruolo da riscattare. Le feste di compleanno per bambini – sembrerà una piccolezza – sono enormemente cresciute da quando non sono più limitate al sabato ma disponibili ogni pomeriggio, in quanto soddisfano le esigenze organizzative delle famiglie. Un discorso simile vale per lo sport perché aumenta le possibilità di svago per gli adulti durante la settimana lavorativa. Non è un caso che un centro gestito da IGD, che offre sei campi da padel, abbia raccolto in poche settimane quarantamila iscritti. Che poi diventano shopper.

 

Superata la ripresa post-covid, quali sono le previsioni di lungo periodo per il mercato italiano? Si segnalano aspettative di crescita differenti tra Nord e Sud?

 

Il 2023 sarà un anno di svolta, e se il trend positivo che stiamo registrando in questi primi mesi sarà confermato, ci aspettiamo numeri di crescita importanti rispetto al 2019, nonostante l’inflazione che da un lato falsa i numeri e dall’altro rallenta i consumi. Se pensiamo che nel 2020 molti non credevano possibile la ripresa del comparto, complice un uso quasi obbligato dell’e-commerce come conseguenza alle chiusure e alle restrizioni, possiamo definirlo un ottimo risultato. Un aspetto indicativo sullo stato di salute dei centri commerciali riguarda anche le offerte di lavoro: infatti siamo sempre alla ricerca di numerose figure da inserire nei vari centri. Trovare il giusto equilibrio tra qualità della vita e aspettative del personale non è sempre facile, ma puntiamo a rendere il centro commerciale un destination point anche dal punto di vista lavorativo, capace di gratificare i dipendenti, e questo è sicuramente un punto di forza.

In merito alle prospettive a medio-lungo termine, guardando al retail, è fondamentale la capacità di innovarsi. Bisogna essere molto dinamici e capaci di cogliere i più piccoli segnali di cambiamento: una necessità ineludibile ma anche un divertimento, per chi ama occuparsi di commercio. Sul fronte immobiliare, invece, sta cambiando tutto: l’approccio tipico era partire con uno sviluppo da green field, mentre ora si sta consolidando sempre più il modello che parte dalla rigenerazione urbana. Rispetto ad altri paesi non siamo all’avanguardia in questo genere di progetti, rallentati da almeno due aspetti: il primo ha a che fare con le stesse aree suscettibili di rigenerazione, che in Italia tipicamente si presentano molto frazionate e rendono difficile rivoluzionare un intero quartiere; il secondo aspetto riguarda invece la tempistica dilatata nell’adeguarci alle normative europee. Ma sono convinto che la nostra industry potrà essere un’eccellenza.