Signorvino, il blend di ristorazione e retail arriva a 40 location. Intervista al DG Luca Pizzighella
Dai centri storici ai mall, il format ibrido di Oniverse che ruota intorno al vino mette d’accordo estimatori, turisti e giovani clienti. In autunno a Pompei la prima enoteca in area 4.
Signorvino è un’enoteca con cucina da due milioni di clienti, in poco più di dieci anni ha aperto in Italia trentanove punti vendita che spaziano dall’Arena di Verona al nuovo centro Merlata Bloom Milano (il quarantesimo è in cantiere per quest’autunno a Pompei, e sarà il primo al Sud). Poi ci sono quelli all’estero. Ha una vocazione ibrida e omnicanale: vende online, in enoteca anche con consegna a casa, e direttamente al tavolo. Per conoscere le sfumature di questo format tra retail e degustazione che piace molto a italiani e stranieri, abbiamo intervistato Luca Pizzighella, General Manager dell’insegna del gruppo Oniverse.
Com’è nato il format Signorvino? Su quale canale di vendita investite di più?
È stata una conseguenza naturale. L’esperienza di Calzedonia, oggi Oniverse, è nel retail. Abbiamo provato a creare qualcosa che mancava: una distribuzione specializzata nel vino, rivolta a 360° al consumatore. Non solo per comprarlo. Abbiamo capito subito che serviva un posto dove consumarlo, perché oggi si spende molto nel fuoricasa, quindi servivano luoghi dove si potesse degustare il vino, assaggiarlo, condividerlo e soprattutto accompagnarlo con del buon cibo. Già dal secondo locale abbiamo previsto una cucina improntata alla tradizione italiana: senza troppi fronzoli, perché tutto ruota intorno al vino. Da lì abbiamo aggiunto il delivery e l’e-commerce in una logica O2O. I locali in Italia oggi sono trentanove, vorremmo aprirne presto altri venti e continuare all’estero. L’idea è espandersi in Francia e Repubblica Ceca, dove abbiamo già fatto le prime aperture e vediamo margine di crescita.
Come si tengono insieme retail e ristorazione nel medesimo punto vendita? Quanto si aiutano a vicenda?
La formula dell’ibrido non è molto diffusa in Italia. C’è qualcosa nella pasticceria, come Venchi, e forse Eataly ha fatto qualcosa di simile, ma nello specifico del vino nessuno aveva provato a creare una realtà organizzata. La cosa più difficile è replicare un assortimento interessante – sopra le duemila etichette – in ogni punto vendita: per noi vuol dire spazio, logistica, wine specialist, e molte altre cose. Ma questa ibridazione porta diversi vantaggi: chi viene da noi per cena o per un aperitivo ha la possibilità di portare a casa la bottiglia che beve. E naturalmente, chi entra per comprare una bottiglia ha la possibilità di assaggiarla subito, accompagnandola a un buon piatto. Il 55% del nostro business è fatto dal vino, diviso tra un 30-35% di asporto e un 20% di consumo in loco, insieme al cibo che arriva quasi al 40%. L’idea è di continuare su questa strada, invitando i nostri clienti a provare tutte e due le versioni.
Chi sono i vostri clienti?
Il nostro cliente medio è intorno ai trentacinque anni. Alla base della nostra offerta c’è l’idea che non occorra essere dei super esperti per apprezzare il vino, ma siamo pronti ad accogliere anche chi lo conosce molto bene. Per tenere insieme i due target ci vuole un doppio approccio: chi è molto esperto, da Signorvino trova tutto ciò che serve. Per chi vuole vivere un’esperienza avvolgente ma meno impegnativa, creiamo le condizioni per vivere il vino in tranquillità, in compagnia, come un momento sensuale da condividere. Al di là dell’esperienza, il target più importante resta quello dell’appassionato, il cliente che viene in enoteca per esplorare e scoprire qualcosa di nuovo. Anche il prezzo non lo deve intimorire.
Come si persegue questo doppio approccio?
Tanto con le formule commerciali, quanto con il servizio. Per esempio, il fatto di non avere un ricarico del prezzo al tavolo, rispetto allo scaffale, dà più coraggio e libertà al cliente che vuole provare un’etichetta più importante. L’approccio del personale accompagna il cliente, lo guida e lo aiuta senza farlo sentire in difetto. Sia allo scaffale che al tavolo, vorremmo eliminare la classica scena in cui il cliente si trova in imbarazzo a dover scegliere.
E chi sono i vostri competitor?
Non abbiamo uno specifico competitor diretto, ma abbiamo tre riferimenti. Puntiamo a dare il servizio di un’enoteca specializzata, l’experience di una cantina (lo facciamo con i corsi di degustazione e gli incontri con i produttori) e la convenienza della grande distribuzione.
Ci sono nuovi trend che influiscono sulla vostra offerta?
Ci sono categorie che crescono molto: i vini naturali, per esempio, o i rosati che sono esplosi con un trend oltre il 60%, ma poi incidono sempre tra il 2 e 4% sul totale delle vendite. Quelli con l’incidenza più importante sono sempre vini rossi e bollicine.
E dal punto di vista delle abitudini di consumo, vedete cambiamenti?
Abbiamo visto abbassarsi un po’ l’età e anche il divario di genere: abbiamo un’ottima partecipazione femminile all’interno delle nostre loyalty. E vediamo che si cercano vini un po’ più leggeri e semplici dal punto di vista degustativo, anche meno alcolici.
O addirittura dealcolati?
Per ora alziamo le mani. Sappiamo che è un trend, ci stiamo lavorando. Benché sia forte la crescita dell’alcohol-free, che continuiamo a monitorare, non credo che potrà mai incidere molto sulla totalità del venduto, in una realtà come la nostra.
Centri storici e centri commerciali aprono partite diverse?
Abbiamo fatto le prime aperture nei centri storici, perché è un tipo di locale che si presta molto. Grazie agli altri brand Oniverse conosciamo bene anche la realtà del centro commerciale, che non disdegniamo affatto, anzi. Cercando di portare il vino dove c’è la gente, qualsiasi gente, non il classico super turista che compra solo bottiglie importanti, il mall ci offre un flusso molto appropriato. Al centro commerciale si va per fare la spesa, e si può passare da Signorvino per comprare una buona bottiglia. Ma è anche un posto dove funzionano molto i ristoranti, dunque perché non fermarsi per un aperitivo? Anche nei centri storici ci siamo rivolti più al cittadino che al turista: abbiamo cercato di far rivivere alcune vie e piazze meno gettonate, in cui si sentiva la mancanza dei locali. In qualche caso abbiamo dato il via a un fenomeno virtuoso che ha rivitalizzato un pezzetto di città.
Ti abbiamo raggiunto in Sardegna, poco prima di una visita a una cantina. Un nuovo fornitore?
In verità stiamo andando all’inaugurazione di una nostra cantina: il Podere Guardia Grande di Alghero. Si tratta di un progetto parallelo rispetto a Signorvino, alimentato dalla passione della famiglia Veronesi, che pone Oniverse anche al primo livello di questa filiera. Naturalmente Signorvino ne sarà cliente. Ma investire anche nella produzione ci fa comprendere da vicino le peculiarità, le difficoltà e le opportunità di sviluppo di questo settore. Noi, come Oniverse, ci crediamo molto.