Cibus, duemila retailer a Parma per comprare il made in Italy
All’edizione dei record 3.000 brand dell’agroalimentare trovano i main player dell’industria, consorzi, categorie e consumatori. Buyer da tutto il mondo per scoprire i sapori della penisola, e anche di altri paesi. Fino al 10 maggio alle Fiere di Parma.
Tutto esaurito a Cibus 2024 (Parma, 7-10 maggio), la manifestazione di riferimento per il settore agroalimentare made in Italy, organizzata da Fiere di Parma e Federalimentare. Una ventiduesima edizione che quest’anno supererà ogni altra per numero di espositori (oltre tremila brand e una lista di attesa di seicento aziende) e per la presenza di buyer della grande distribuzione italiana e internazionale – ad oggi duemila già registrati – provenienti da mercati come Stati Uniti, Germania, Spagna, Francia, Regno Unito e Medio Oriente. Il 2024 sarà inoltre l’anno dei paesi dell’area Asean, con il ritorno della Cina, grande assente durante la pandemia, e molte presenze dal Giappone. L’Italia è ben rappresentata anche da delegazioni delle grandi insegne che girano, ben accolte, tra gli stand, e un player come Coop che presenta il suo “Coop Italian Food” come partner per l’export.
Secondo Coldiretti che cura alcuni dei principali eventi al centro di Cibus, il valore della filiera agroalimentare allargata è salito a seicentoventi miliardi di euro (dati Divulga), con il made in Italy che è sempre più rilevante per la crescita economica del Paese. Anche la grande distribuzione gioca un suo ruolo: «fondamentale – commenta Ettore Prandini per Altavia Watch – è lo sforzo di quei player che riescono a portare informazioni al cittadino e creare consapevolezza sul ruolo che può avere. Abbiamo sistemi distributivi diversi, ma la sfida comune è compiere una ridistribuzione del valore tra i soggetti che compongono la filiera agroalimentare».
Nomisma nella giornata di apertura ha presentato gli ultimi rilievi dell’Osservatorio packaging sul largo consumo, giunto al 6° anno, con un analitico approfondimento sul concetto di sostenibilità da parte del consumatore. Per Emanuele Di Faustino, responsabile industria-retail di Nomisma, il consumatore italiano attraversa ancora un periodo di particolare cautela, poiché nonostante il rallentamento dell’inflazione generale (1,2%) il comparto alimentare presenta una situazione ancora calda, oltre la soglia dei tre punti percentuali. Ne consegue che l’88% dei responsabili di acquisto sono tuttora impegnati in strategie di risparmio, prevalentemente volte alla riduzione accentuata degli sprechi e all’attenzione alle politiche promozionali dei retailer. Federalimentare, nella conferenza inaugurale, segnala però che le famiglie italiane – tra paesi omologhi come Francia, Spagna, Germania e Paesi Bassi – hanno la quota più alta per prodotti alimentari e bevande, che vale centonovantacinque miliardi di euro ed è pari al 15,2% dei consumi annui. «Per continuare la traiettoria di crescita – ha dichiarato il presidente Paolo Mascarino – occorre anche un impegno delle istituzioni, europee e italiane, per promuovere la competitività di questo comparto a livello internazionale».