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Deserto di prossimità, l’analisi di Confcommercio sui centri urbani

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La crisi del piccolo commercio mette il segno meno anche a qualità della vita e valori immobiliari, più colpite le città medie. Sangalli di Confcommercio: serve incentivo pubblico.

I negozi di prossimità accendono il dibattito tra le istituzioni e il mondo dell’impresa, ma la rinnovata attenzione non accompagna un momento di prosperità per il segmento. Il fenomeno della desertificazione commerciale, che vede una riduzione drastica di attività tradizionali nei quartieri, è in crescita e preoccupa non solo per le implicazioni economiche, ma anche per quelle sociali e urbanistiche. Secondo una recente indagine di Confcommercio, il 43% dei cittadini segnala questo problema al Nord, mentre al Sud la percentuale scende al 31%. La categoria più colpita dalle chiusure è la città media, tra i cento e i duecentocinquantamila abitanti, mentre nei centri più piccoli la situazione appare meno critica. Ma l’entità del fenomeno varia di zona in zona anche in termini di percezione e necessità specifiche: nei grandi centri urbani, la desertificazione è associata all’aumento del degrado e alla diminuzione della sicurezza, mentre nelle piccole realtà si teme soprattutto la riduzione delle opportunità di lavoro e il rischio di spopolamento. «È ormai decaduto il dualismo centro-periferia – secondo Francesco Morace, sociologo e presidente di Future Concept Lab – e non esiste nemmeno più la classica periferia. La sfida principale è riuscire a riqualificare i quartieri con strutture che assicurino la dignità a ogni zona, per esempio supportando i giovani a mantenere aperte alcuni esercizi commerciali».

Il valore non-economico dei negozi di vicinato è molto tangibile, secondo la ricerca di Confcommercio, e ha ricadute tutt’altro che immateriali. Nove italiani su dieci considerano la presenza di attività commerciali nelle vicinanze un fattore rilevante nella scelta della propria abitazione. In effetti, vivere in un quartiere vivace e dotato di servizi incide sul valore degli immobili, che può aumentare fino al 20%, mentre nelle aree colpite dalla desertificazione il valore potrebbe scendere del 15%. La presenza di questi esercizi ha anche un impatto sociale significativo: il 64% degli intervistati ritiene che i negozi di vicinato rafforzino il senso di comunità e il 57% li considera un presidio di sicurezza. Non sorprende, dunque, che il 22% degli italiani sia disposto a cambiare casa se la desertificazione commerciale dovesse peggiorare.

In questo contesto, la teoria della Città in 15 minuti, dove i cittadini possono raggiungere i principali luoghi di interesse in un quarto d’ora, sembra acquisire rilevanza, specialmente nei grandi centri urbani. Tuttavia, la sfida più grande rimane quella di riqualificare le aree urbane e sostenere i giovani imprenditori, come segnala ancora Morace riguardo all’esperienza di Parma. La città emiliana da oltre dieci anni ha avviato politiche di agevolazione fiscale per incentivare l’apertura di nuovi negozi nei locali abbandonati. Per Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio, «anche nell’era digitale i negozi di vicinato sono insostituibili: rendono le città più vivibili, più attrattive e più sicure. Ma per preservare questo patrimonio occorre incentivare l’innovazione e sostenere la riqualificazione urbana attraverso un miglior utilizzo dei fondi europei».