La difficile partita dei brand, tra ecommerce e marca del distributore
La private label in ascesa cambia le regole del branding e dei canali di vendita, anche per i brand del largo consumo. I dati di FutureBrand e Dunnhumby sulla fedeltà dei consumatori danno ragione a chi innova e lavora sulla continuità.
I brand del largo consumo si trovano in una fase critica, strette fra la crescente rilevanza delle private label e la concorrenza dell’e-commerce. Secondo un’indagine di Dunnhumby a livello europeo, solo il 9% dei consumatori continua ad acquistare sistematicamente prodotti di marca, e questo numero è in costante calo. Le private label, infatti, hanno registrato una crescita del 15,4% nel 2023, arrivando a rappresentare il 30% del fatturato della grande distribuzione, grazie a strategie a medio-lungo termine che le hanno rese competitive non solo sul prezzo, ma anche su qualità e continuità. Chi soffre di più, sono i brand del largo consumo tradizionale, che faticano a innovarsi e a connettersi in maniera autentica con i propri clienti.
Il Consumer Index di FutureBrand non lascia spazio a fraintendimenti: «i brand sono poco rilevanti». L’incapacità di creare un legame emotivo forte con i consumatori, che cercano coerenza ma soprattutto continuità, penalizza i brand tradizionali. Questo è particolarmente evidente in un contesto in cui la fiducia verso le insegne GDO cresce e i prodotti a marchio privato prevalgono nel carrello, anche a seguito della shrinkflation, dove i brand che riducevano le dimensioni delle confezioni per non alzare i prezzi hanno suscitato malcontento tra i clienti e attirato critiche da parte degli stessi retailer.
Chi sembra reagire meglio alle sfide attuali secondo il report di FutureBrand sono i brand in ambito B2B, dove l’attenzione ai bisogni dei clienti è più elevata. Un’eccezione positiva nel largo consumo arriva anche dai prodotti per l’infanzia: Gerber e Pampers, che sono ai vertici del Consumer Index, dimostrano che esistono ancora margini di crescita per chi riesce a combinare autenticità, indispensabilità e mission chiara. Tuttavia, sull’innovazione e sulla gestione responsabile delle risorse, resta un nodo su cui tutti i settori possono lavorare per non perdere ulteriore terreno.