Ortofrutta, l’alluvione in Emilia travolge tutta la filiera.
Danni per sei miliardi, cinque anni per ricostruire un’area strategica dell’agroalimentare che vale dieci miliardi di esportazioni. Intanto cambiano le norme sugli imballaggi e cresce il vino biologico.
Il disastro della fruit valley romagnola
Danni economici incalcolabili e cinquantamila posti di lavoro a rischio sono ciò che rimane della disastrosa alluvione emiliana. La pioggia che normalmente cade in sei mesi si è concentrata in trentasei ore, trascinando via o comunque rovinando tutto ciò che incontrava (le piante non sradicate dalla piena sono in stato di marcescenza delle radici a causa dell’allagamento). Le piante da estirpare sono oltre dieci milioni; i danni risultanti si stimano in seimila euro a ettaro per i seminativi (grano, orzo, mais, soia) e in trentaduemila euro a ettaro per frutteti, vigneti e oliveti. Mentre l’Italia è impegnata nelle iniziative di solidarietà, si attende un forte impatto sui prezzi della frutta: per avere pesche, kiwi e pere bisognerà inviare ingenti ordini alle vicine Spagna e Grecia (che potrebbero non averne abbastanza). Il 20% delle albicocche italiane e oltre il 10% di pesche e nettarine proveniva infatti dalle zone colpite.
Boom di esportazioni, ma l’agricoltura perde imprese
Al netto del disastro emiliano, negli ultimi quindici anni è scomparsa una pianta da frutta su cinque. L’abbandono della produzione colpisce pere, limoni, pesche, albicocche, ciliegie e arance a causa di un settore sofferente, in cui le imprese ortofrutticole vedono salire i costi e non trovano sufficienti incentivi per andare avanti. L’export del settore ortofrutta oggi vale circa il 17% delle intere esportazioni agroalimentari e cioè oltre dieci miliardi (+1,5% sul 2022 e +5% nel primo bimestre 2023), ma il carrello medio non aiuta. I consumi interni sono scesi del 9% rispetto allo scorso anno, impoveriti dal caro prezzi e dal cambiamento climatico di cui osserviamo lo spaventoso impatto.
Fine dell’insalata in busta: i dubbi di Coldiretti
La confezioni di frutta e verdura non potranno pesare meno di 1,5 kg, secondo le norme comunitarie in questi giorni in fase di approvazione. Tale limite, per Coldiretti, aumenta il rischio di sprechi alimentari ed è un potenziale pericolo per motivi igienico-sanitari. Anche il CODACONS è intervenuto sull’argomento, segnalando oltre al possibile aumento dei prezzi, come il provvedimento penalizzi gli acquisti dei single e delle famiglie meno numerose.
Agricoltori, artigiani, artisti: le tre A del vino di qualità
Vent’anni fa nasceva una sigla che ha accompagnato l’esperienza del vino italiano verso un nuovo paradigma. Oggi la cultura del biodinamico ha conquistato il settore vinicolo e lo storytelling “dalla vigna” è quasi un comandamento per i nuovi produttori, ma nel 2003 Triple A è stata la prima distribuzione al mondo a scommettere sui cosiddetti “vini naturali”. L’acronimo viene da una filosofia dell’agricoltura per cui chi semina la terra e la lavora con le proprie mani, tira fuori qualcosa di sé, come ogni opera artistica racconta – più o meno segretamente – qualcosa del suo autore. In Triple A metà dei produttori sono italiani, il 30% sono francesi e il 20% del resto del mondo. Ma per la direttrice Margaux Gargano, è molto più di un catalogo: “le persone che entrano in Triple A fanno parte di una famiglia”, perché abbracciare questo tipo di agricoltura naturale significa condividere valori comuni ed essere in grado di abbracciare le idee degli altri.