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Sostenibilità, sobrietà, neutralità (ambientale). La rivoluzione dell’eco-conception

ecoconception sostenibilità retail

In un’epoca di cambiamenti climatici, queste nuove parole d’ordine spingono i retailer ad accelerare il processo di decarbonizzazione e a ridurre ulteriormente l’impatto ambientale delle loro attività.

Rispetto ai settori dell’energia, dei trasporti e dell’edilizia, principali responsabili dell’aumento delle temperature a livello globale, il settore retail non è l’attività più inquinante, ma contribuisce comunque in modo significativo alla crisi climatica. La fabbricazione e la commercializzazione dei prodotti, la costruzione, l’allestimento e la gestione dei punti vendita consumano una grande quantità di energia, generano una grande quantità di rifiuti, e richiedono l’uso di attrezzature create attraverso l’attività estrattiva, che ha effetti catastrofici sull’ambiente in tutto il mondo. Qualche esempio: la produzione di una tonnellata di acciaio, materiale utilizzato per fabbricare supporti, scaffalature, mensole e tavolini, emette 1,8 tonnellate di CO2 nell’atmosfera. Lo stesso vale per l’alluminio, anch’esso molto presente nei mobili utilizzati dal settore, la cui produzione genera in grandi quantità fanghi rossi corrosivi, carichi di metalli pesanti, saturi di piombo, cadmio e mercurio.

Considerando l’insieme dei marchi e dei negozi in tutto il mondo, il contributo del retail ai danni ambientali assume una dimensione importante. Ecco perché, per i rivenditori, è giunto il momento di cambiare marcia, non concentrandosi esclusivamente sulle emissioni di CO2, perché tutto ciò che costituisce l’impatto deve essere preso in considerazione. È esattamente quello che permette di fare l’eco-design, agendo sull’intera catena del valore.L’eco-design, infatti, propone un modo di agire responsabile radicalmente diverso da quello attuale. Non si tratta solo di equipaggiare un punto vendita con pannelli fotovoltaici, o di ridurre l’inquinamento utilizzando motorizzazioni elettriche, ma di prendere in considerazione l’ambiente fin dalle prime fasi della progettazione e durante l’intero ciclo di vita del prodotto, senza cambiarne la funzione né l’uso, senza aumentarne il prezzo, né diminuirne la qualità o il livello di comfort. È ciò che Decathlon sta attualmente cercando di fare con un programma ambizioso che mira a raggiungere il 100% di prodotti eco-progettati entro il 2026 per i marchi di cui il gruppo è proprietario, tra cui Quechua, Domyos, Tribord, Btwin, Kipsta e Forclaz. Come? Rivalutando la scelta delle materie prime che utilizza, privilegiando quelle biosourced, trasformando le tecniche di fabbricazione per renderle virtuose, riducendo le distanze di trasporto dal luogo di produzione al luogo di distribuzione e lavorando sul fine vita dei prodotti, sviluppando offerte di riparazione e riciclaggio. Approccio simile è quello adottato da Roche Bobois, che ha sviluppato, in collaborazione con l‘Istituto tecnologico FCBA, uno strumento di valutazione qualitativa chiamato Eco8 che permette di misurare il profilo ambientale dei materiali utilizzati per le strutture e per i rivestimenti di ogni prodotto, la loro qualità e la loro separabilità in vista del loro riciclaggio.

Un nuovo approccio che va oltre tutto ciò che è stato fatto finora in materia di transizione ecologica ed è perfettamente compatibile con le energie verdi o la selezione dei rifiuti, aiutando il retail a progredire nella sua trasformazione responsabile.