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Includere per competere, ci crede la metà degli HR italiani

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Diversità, inclusione e pari opportunità tra i fattori di successo delle imprese, nelle indagini di ValoreD e Adecco. M a l’Italia è ancora indietro e per metà delle aziende sono solo buoni propositi.

La diversità e l’inclusione sono fattori chiave per il successo imprenditoriale, con il potenziale di aumentare i ricavi fino al 30% a lungo termine. Come sottolinea Barbara Falcomer, direttrice generale Valore D, «i leader sono i responsabili e garanti della strategia di inclusione e la misurazione consente di monitorare i progressi». Eppure in Italia, rivela uno studio condotto da GEA e Harvard Business Review Italia presentato a Milano durante il convegno “Inclusività competitiva”, solo il 50% dei direttori HR crede che questi valori abbiano un impatto positivo sul business, mentre l’84% li relega a un discorso meramente etico.

Ma la questione va molto oltre il piano della buona condotta. L’Inclusion Impact Index Plus di Valore D sviluppato in collaborazione con il Politecnico di Milano, che aiuta a misurare il livello di inclusione e sostenibilità sociale in relazione alla governance, dice che l’ascolto è identificato come un vantaggio competitivo per le imprese italiane, e favorisce l’internazionalizzazione. ValoreD, associazione di imprese nata nel 2009 dall’incontro di dodici manager di aziende virtuose (AstraZeneca, Enel, General Electric, Johnson&Johnson, IKEA, Intesa Sanpaolo, Luxottica, McKinsey & Company, Microsoft, Standard&Poor’s, UniCredit e Vodafone), è la prima associazione di imprese in Italia che si impegna per l’equilibrio di genere e per una cultura inclusiva nelle organizzazioni. Alle aziende presta un servizio di consulenza che aiuta a trasformare inclusione e diversity in strumenti competitivi: l’87% delle aziende associate ha attivato piani di welfare aziendale per il benessere dei collaboratori e dei loro familiari. Il 74% ha riconosciuto il ruolo fondamentale di Valore D nel realizzare, al proprio interno, un piano efficace di inclusione.

Da questi dati emerge che le strategie di inclusione sono cruciali non solo per il benessere delle persone, ma anche per gli obiettivi di business, con un focus sulla leadership femminile e sull’importanza di un bilanciamento di genere nei ruoli apicali che fa da discrimine per valutare il grado di evoluzione di un’azienda. Favorire l’occupazione femminile è l’obiettivo posto al centro della strategia di Valore D per affrontare le sfide economiche delle aziende italiane, con meccanismi come le quote di genere che possono accelerare il cambiamento. Nel retail, si è affermata da pochi mesi la nuova iniziativa dell’associazione “Donne del retail”, che promuove il ruolo delle donne ai vertici di questa industry. E in generale, secondo una recente ricerca di Adecco che ha indagato la penetrazione di “Diversity, Equity & Inclusion” nelle aziende italiane, la parità di genere è il prevalente ambito di intervento (26%), seguita dall’attenzione alle condizioni di salute (22%), dall’intercultura (18%) e dall’apertura nei confronti di orientamenti sessuali differenti (12%). Sul totale, più della metà delle imprese (51,7%) sono “molto” o “abbastanza” impegnate su questo fronte: di queste, il 39% promuove attività presso i dipendenti e la comunità in cui opera, il 36% si rivolge unicamente ai dipendenti e il 16% si impegna solamente in attività di comunicazione.