Microcommercio, una specie da proteggere con gli strumenti dell’innovazione
Il 40% degli italiani preferisce i negozi di prossimità per made in Italy e tradizioni, ma con le nuove generazioni vincono i piccoli retailer che riescono a stare anche sulla rete.
I negozi di prossimità piacciono per la capacità di coniugare vicinanza, qualità e attenzione al Made in Italy, e continuano ad attirare l’interesse dei consumatori: è quanto emerge da una ricerca condotta da Bocconi per American Express su un campione di mille persone tra i diciotto e i sessantacinque anni, secondo cui il 40% degli italiani acquista almeno una volta alla settimana nei piccoli negozi. Soprattutto per il food e per il benessere.
Tra le città, la preferenza per il microcommercio risulta più marcata a Napoli e a Venezia: due capitali del turismo italiano con grandi centri storici che favoriscono – o impongono – la sopravvivenza delle piccole superfici. In termini di età, i paladini delle botteghe di quartiere non vanno cercati solo tra gli over sessanta, ma anche tra i più giovani: quasi la metà (il 45%) del campione diciotto-venticinque vi si reca infatti settimanalmente. Di questi giovani, oltre un intervistato su tre acquista abitualmente anche da piccoli merchant e produttori online, rivelando come l’integrazione tra i due canali sia vitale in questo segmento che negli ultimi anni ha tanto subito (ma qualche volta anche capitalizzato) l’ascesa dell’e-commerce. Da notare che nel milanese gli under 25 comprano online persino meno (73%) che nel resto d’Italia (78%), ma registrano un tasso di webrooming decisivo (40%) per la scelta del negozio, che ribadisce l’imprescindibile nesso tra fisico e digitale anche per i retailer più piccoli.
Chi cerca una ricetta del piccolo negozio di successo, dovrà considerare che per oltre un quinto della GenZ (21%) il microcommercio che funziona è sinonimo di unicità di prodotti e servizi, mentre la fascia successiva (26-39) lo associa più direttamente a una necessaria garanzia di qualità. Tra i negozi “migliori”, trasversalmente alle fasce d’età, vengono citati soprattutto (69%) quelli che vendono il Made in Italy. Secondo Dario Di Vico, sebbene le nostre eccellenze abbiano dimostrato grande resilienza negli ultimi tre anni anni (superando pandemia, politiche monetarie restrittive e profondi rivolgimenti geopolitici), il made in Italy non potrà più vivere di rendita, e nemmeno di pura narrazione, ma dovrà innovarsi profondamente sul fronte dei canali di vendita digitale e della sostenibilità d’impresa.