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[Dossier] Le dirigenti del retail #2: da Bio c’Bon a Cortilia con lo stile di Emna Neifar.

Abbiamo intervistato la direttrice commerciale di Cortilia, che da sei anni accompagna l’ascesa e l’impegno valoriale del brand.

 

Come sei arrivata a Cortilia?

Nel 2017, dopo gli studi a Parigi e l’esperienza in Bio ‘c Bon ho incontrato Marco Porcaro, il fondatore di Cortilia. E, da subito, ci sono stati due aspetti che mi hanno colpito molto, del progetto che stavano portando avanti. Il primo era la dimensione digitale, che chiaramente all’epoca era molto futuristica, ma che in Cortilia si sperimentava già: la raccolta dei dati, la velocità di azione sul forecast, il digital marketing.  Il secondo aspetto è quello che ancora oggi mi tiene ancorata e innamorata di Cortilia, l’aspetto valoriale. Valoriale perché hai tutta la parte di selezione dei fornitori, di collaboratori, di prodotti. Per non parlare dell’attenzione ai dettagli ambientali e sociali a livello profondo. Cose che facevano ancora prima che ci fosse consapevolezza sulla CSR e si diffondessero queste pratiche. 

Sei una delle poche donne che oggi si occupa non solo di retail, ma di distribuzione alimentare. Ti sei data una spiegazione di questa cosa? 

Ci sono più fattori. Il primo è legato a fattori esogeni al settore. In generale, in Italia, i numeri del retail rispecchiano la media nazionale, al livello di rappresentatività di genere, escludendo il retail farmaceutico e quello educativo, da sempre considerati più “femminili”. Poi c’è un fattore interno, più legato ad un meccanismo di bias cognitivo, che fa sì che il meccanismo di networking faccia selezionare persone simili a sé. E, se la governance è maschile, facile che scelga successori maschili. 

Un’altra motivazione ancora è l’approccio molto da “fight”. Bisogna trattare sui prezzi, discutere in modo duro sulle promozioni. Un atteggiamento che ha fatto sì che molte più persone di genere maschile avanzassero, soprattutto buyer, commerciali e operations. Inoltre è un settore in cui si lavora ininterrottamente, 7 giorni su 7 quasi 24h24, questo richiede un ritmo di vita in cui hai quasi una devozione completa al lavoro.  

Rispetto alla vendita online, cosa avete fatto e cosa fate per rendere più umano l’acquisto online?

Valorizziamo molto la relazione con i nostri fornitori. Chi compra su Cortilia.it può consultare le loro schede, che ospitano le loro foto, le storie loro e del loro lavoro. Un racconto molto più approfondito rispetto ad andare al supermercato, scegliere qualcosa e andarsene. Inoltre è possibile localizzare i nostri fornitori su Google Maps e andare a trovarli. Una relazione che può essere davvero straordinaria.  

Per quanto riguarda noi Cortilia, invece, abbiamo un customer service molto presente, che ormai anche grazie a canali come WhatsApp, diventa un personal assistant per le persone. Quando ci scrivono messaggi tipo  “ma come si pulisce questa cosa?” mi dico “mi fa piacere che scrivano a noi, invece che chiedere consiglio alla loro mamma!”.

Nel tempo abbiamo provato con difficoltà a fare più eventi e momenti di incontro community-driven, attraverso argomenti di interesse comune. Per esempio con Mummy club abbiamo fatto delle attività dedicate a un certo gruppo di persone. Con altri influencer abbiamo sviluppato altre attività dedicate ad altri target, sempre accomunati dagli stessi interessi. 

E’ chiaro che l’umanizzazione del digitale arriva fino a un certo punto. personalmente credo nell’omnicanalità. 

Il fatto di avere un profilo multiculturale cosa porta a chi lavora nel mercato italiano?

Sono rimasta molto in contatto col mercato francese, che oggi rappresenta un pilastro nel retail internazionale e nel mercato dei beni di consumo, food e non. Questo permette uno scambio continuo con i professionisti e di avere punti di vista diversificati. Anche sui trend di mercato devo dire che spesso guardare ai mercati esteri, soprattutto UK e Francia o Nordica, aiuta a recepire delle tendenze prima che arrivino in Italia. Sul vegan, per esempio, mi sono molto ispirata a quello che accadeva all’estero prima che la tendenza arrivasse in Italia. Idem per l’approccio alle tecnologie digitali.

Sii per un minuto mentor e dì a una ragazza che vorrebbe fare il percorso che hai fatto tu come affrontarlo. Cosa diresti a una giovane donna all’inizio di una carriera simile a quella che hai fatto tu?

The more you learn, the more you dare, questa è una delle cose più importanti che ci dicevano a scuola. Per osare bisogna anche avere la struttura, e cioè essere sempre aperti ad imparare cose nuove e ad aggiornarsi sul proprio settore ma anche sugli altri. Più impari e più osi, perché hai abbastanza bagaglio per sentirti confident nel fare qualcosa di diverso e rilevante.

La seconda parte è il network: é importante sapere sempre cosa sta succedendo, farsi vedere nel momento giusto, ovviamente in maniera spontanea e non artificiale. Penso ad eventi come Netcomm o il Green Retail Forum, occasioni perfette per confrontarsi, tessere nuove relazioni ma anche per imparare cose nuove.