Raptus&Rose inaugura la Residenza Milanese
Silvia Bisconti ha aperto le porte di un nuovo spazio, dedicato agli amanti del fashion brand ma anche luogo di eventi e ricerca del bello.
Dal 13 settembre è aperta, a Milano, la Residenza Milanese di Raptus&Rose, il primo spazio del fashion brand nato dall’intuizione di Silvia Bisconti, creatrice dal variegato percorso nel mondo della moda, che ha saputo plasmare non solo capi unici e adatti a tutte le donne, ma uno stile e un modo di comunicare (e vendere) fuori dai canoni tradizionali. La Residenza Milanese si trova in via Farini 8, direttrice tra la Chinatown milanese e il quartiere super contemporaneo dell’Isola, che punta alla periferia Nord della città, dove vedrà la luce il nuovo quartiere frutto della riconversione degli scali ferroviari. Uno spazio che racconta la versatilità della designer e della community che la segue, fatta di donne attente al bello e che, oltre al vestito, vogliono soprattutto uno stile non patinato, fatto di pezzi unici e frutto di viaggi e ricerca. La Residenza Milanese sarà, quindi, un luogo di eventi, di esposizioni, d’incontro per le donne che potranno provare i capi che, per il momento, si acquistano solo online o nei Raptus Days, appuntamenti itineranti che Silvia Bisconti organizza per la sua community. Ne abbiamo parlato proprio con lei, a margine dell’apertura, per capire da quale esigenza è nato e quale progetto seguirà la Residenza.
Che cos’è La Residenza Milanese di Raptus&Rose?
Ti dico prima quello che non è… Non è un negozio. Non è uno showroom. Non è un atelier. Non è un salotto. Non è una casa. Ma, forse, è la somma di tutte queste cose. È uno spazio non ancora completato, che sta prendendo forma, e mi piace pensare che parte della forma che avrà nei mesi a venire sarà data anche dalle persone che verranno a trovarci. Ha a che fare con gli abiti, certo, ma anche con il cibo, i libri, la cultura, la spiritualità, l’accoglienza, la sorellanza. Dove si possono trovare pezzi di viaggio, poltrone e divani che hanno già vissuto una vita, piatti comprati ai mercatini e dipinti da me, tazze che fanno parte collezioni vintage.
Dopo tanti anni fuori dalla città, come mai sei tornata ad avere un luogo fisico ed un luogo fisico a Milano?
Milano è la mia città e per me tornare nella mia città, dopo tanti anni, ha un valore simbolico altissimo. Inoltre per me era essenziale poter fare proprio a Milano eventi, incontri, esperienze senza dover affittare ed allestire spazi “in prestito”. Era arrivato il momento di avere un luogo tutto nostro, trasformabile, adattabile, dove poter fare mille cose tutte insieme.
Come hai scelto la zona?
Come spesso capita, c’entrano molto il caso, la fatalità e anche le storie che si ripetono. Al civico 8 di via Farini ci sono capitata e me ne sono subito innamorata. Ma in verità ci sono capitata perché quella parte di Milano è la zona che di fatto è più vicina a tutta la mia adolescenza e alle mie prime esperienze di lavoro. Lì ho fatto il Liceo Artistico e dove adesso c’è il Cinema Anteo, a 100 metri dalla Residenza, disegnavo sui cavalletti i nudi dei corpi femminili. A 200 metri, dall’altra parte, c’era il primo studio di Romeo Gigli, dove io ho lavorato con il mio primo Maestro. Quei fili, dunque, mi riportano nella zona dove si è formata la mia estetica, dove si è costruita la mia formazione, dove si è edificata la mia esperienza. Inoltre, quella rimane di Milano una delle zone più autentiche, più vive, più milanesi. Vicino alla Residenza si trova ancora la vecchia trattoria Anni ’50, ma anche il ferramenta e il cartolaio: quelle realtà, persino nostalgiche, che nel resto della città sono quasi del tutto sparite.
So che è in preparazione un fitto calendario di eventi, puoi anticiparci qualcosa?
Il prossimo appuntamento in calendario è la beauty week, dal 26 al 29 settembre. In quell’occasione organizzeremo i Perfecto Days, le giornate dedicate al Perfecto Dress, l’abito più iconico e amato di Raptus&Rose. Si tratta di un capo che è, nello stesso tempo, abito da viaggio e abito sartoriale. Quindi, è instropicciabile, facile da lavare, veloce da asciugare e in valigia occupa pochissimo spazio. Al contempo sembra uscito da una sartoria degli Anni ‘50: per il suo cartamodello, per i suoi 4 metri di punti a mano, per il suo taglio in sbieco, per le cuciture all’inglese, per le impunture lungo lo scollo e il giromanica, per le minuscole asole sotto le spalline che servono a tenere ferme quelle del reggiseno. Un abito sostenibile, perché il tempo non lo consuma, ma ne accresce il valore. Inclusivo, perché sta bene a tutte le donne, si appoggia con gentilezza senza segnare, avvolge con morbidezza senza costringere grazie ad un millimetrico studio dei volumi e delle proporzioni. E tutto questo, per noi, ha molto a che fare con la bellezza.