Scarseggia l’ortofrutta, salgono i prezzi
e cresce il plant-based
Le diete a base vegetale promettono uno stile di vita più healthy e più green, ma il segmento dell’ortofrutta è ancora in contrazione e i prodotti plant-based sbarcano al discount.
I prodotti a base di proteine vegetali hanno sempre più spazio sugli scaffali della grande distribuzione italiana: il loro successo è dovuto non solo ai vegetariani (il 5,4% degli italiani secondo Eurispes 2022), ma anche ai flexitariani (consumatori che prediligono una dieta di origine vegetale ma non rinunciano del tutto al consumo saltuario di carne). Parallelamente viene meno la tradizionale divisione tra prodotti standard e prodotti vegetariani: dai discount come Lidl e Aldi fino a Coop, Iper ed Esselunga, aumenta la disponibilità e la “centralità” a scaffale per questi prodotti, con importanti new entry tra le referenze a marchio privato. «Abbiamo rilevato maggiore interesse verso i sostitutivi della carne anche da parte di clienti che non sono strettamente vegetariani, a conferma del fatto che l’attenzione per la salute e per […] l’ambiente è sempre più una priorità», racconta Bernadette Huber, coordinatrice degli acquisti per Aldi, che ha triplicato le referenze (oggi 45) della sua linea JustVeg! per offrire prodotti alimentari plant-based dall’antipasto al dolce.
I pure player non sono rimasti a guardare: come dichiarato da Emna Neifar, direttrice commerciale di Cortilia, il leader italiano dell’ortofrutta a domicilio in un anno ha più che raddoppiato le sue referenze plant-based. Le vendite di questi prodotti nel periodo sono cresciute del 5% e oggi entrano nel carrello virtuale di un cliente Cortilia su quattro. Accanto al successo commerciale di una dieta più green (nel colore e nell’impatto) arrivano segnali preoccupanti riguardo all’accessibilità e all’approvvigionamento del settore, su larga scala. Il prezzo degli ortaggi è aumentato del 40-45% rispetto a febbraio 2022 nel nostro paese per effetto della crisi energetica, climatica, e per le difficoltà di accesso alle materie prime; ma la speculazione dei produttori non c’entra, secondo Confagricoltura. Intanto, il 12,5% degli italiani ha ridotto il consumo di frutta e verdura per risparmiare.
Nel Regno Unito persino la grande distribuzione è in difficoltà: dopo Asda, Morrisons, Tesco e Aldi, anche Lidl ha introdotto razionamenti per il carrello dei clienti, cioè limitazioni all’acquisto di prodotti ortofrutticoli per far fronte alla penuria distributiva. In un simile scenario sorprende ancora di più l’innovativa politica alimentare di Edinburgo, prima capitale europea a eliminare la carne da mense pubbliche, scuole, carceri e ospedali. Nella nota ufficiale del Plant Based Treaty si legge, lineare, la motivazione che lo sostiene: “le diete ricche di proteine vegetali e povere di carne e latticini riducono le emissioni di gas serra e, di conseguenza, lo spostamento del consumo verso diete a base vegetale ha un grande potenziale di mitigazione”.