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Chimere di carta, un’altra prospettiva per il packaging sostenibile

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Nuovi materiali di cellulosa allo studio per soppiantare la plastica mirano anche a una riduzione dei costi. Ma il prossimo bersaglio sono i materiali inutili che non permettono riuso.

La tecnologia d’imballo basata sulla carta sta imponendo soluzioni promettenti nel settore packaging, grazie a innovazioni che mirano a renderla un’alternativa concreta e sempre più radicale alla plastica. Recenti sviluppi, come l’utilizzo di nanocellulosa, hanno permesso di creare materiali leggeri e resistenti, capaci di competere con la plastica per flessibilità e proprietà barriera. Un altro progresso riguarda i rivestimenti biodegradabili, che proteggono i prodotti dall’umidità e dagli oli. Questi rivestimenti, essenziali per il packaging alimentare, sono realizzati in materiali naturali come amido e cellulosa che consentono di rendere l’intero imballaggio compostabile. Ma la transizione verso questi nuovi materiali non è priva di difficoltà: i costi di produzione sono ancora superiori rispetto alla plastica, soprattutto nelle fasi iniziali di scala industriale. A ciò si aggiunge la necessità di aggiornare infrastrutture e macchinari per adattarsi a questa nuova tecnologia, investimento non trascurabile per le aziende del settore.

Va considerato anche un costo ambientale, dato che l’industria della cellulosa e della carta, secondo Fern, è tra le più inquinanti al mondo. Ogni anno per soddisfare la domanda vengono abbattuti tre miliardi di alberi, la cui lavorazione richiede un impiego massivo di acqua dolce e un consumo del 4% di tutta l’energia utilizzata sul pianeta.

Se la carta è vista come un’alternativa sostenibile e sicura, non bisogna dimenticare la vera causa dell’inquinamento: il sovraimballaggio, specialmente per prodotti monouso. L’industria del packaging, comunque, continua a investire in ricerca per migliorare le prestazioni dei materiali (e ridurne i costi), rendendola una soluzione sempre più competitiva. Alcune aziende virtuose affiancano l’industria partecipando alla ricerca, sperimentando soluzioni innovative e ponendosi obiettivi di riduzione. Unilever si è impegnata a dimezzare il suo utilizzo di plastica non riciclata entro il 2025, mentre Tesco ha lanciato un’iniziativa di imballaggio sostenibile per ridurre la sua impronta annuale di un miliardo e mezzo di pezzi di plastica. McDonald’s non si limita all’utilizzo di carta, ma adotta una strategia più ampia che comprende materiali diversi, puntando a ridurre l’impatto ambientale del suo packaging. Nel 2023, l’azienda ha raggiunto l’86,7% del suo obiettivo di utilizzare materiali rinnovabili, riciclati o certificati per il proprio packaging. Anche la rete fisica dei ristoranti fa parte di questa strategia, con l’88,3% delle sedi in mercati avanzati che offrono la possibilità di riciclare o compostare gli imballaggi in loco. McDonald’s collabora con organizzazioni come il World Wildlife Fund e il NextGen Consortium: l’obiettivo finale è utilizzare esclusivamente materiali rinnovabili o riciclati entro il 2025, contribuendo così a ridurre l’impronta ambientale dei suoi ristoranti a livello globale.