Sostenibilità: il consumatore la chiede, il retail ci investe.
Le due facce del successo della private label: minori costi di distribuzione, maggiore impegno nella ricerca di prodotti e processi sostenibili.
Secondo dati Nielsen presentati a Marca 2023, in Italia ci sarebbero oltre 21 milioni di persone (l’86% delle famiglie) che acquistano beni di largo consumo confezionato “sostenibili”. A ingrandire questa fetta c’è l’ampia definizione di sostenibilità, che permette di indicare come “sostenibili” prodotti con diversissime caratteristiche. Le promesse di sostenibilità sulle confezioni dei prodotti spaziano tra certificazioni di produzione, riciclabilità dei materiali, progetti sociali imbastiti dai brand, specifiche garanzie a tutela degli animali e dell’ambiente (es. cruelty free), e altro. Quest’ampia fetta di “mercato sostenibile”, come riportato da MarkUp, oggi varrebbe 14,5 miliardi di euro, con un +3,2% sull’anno 2021-2022 che si riflette sia nelle vendite a valore (35,1% dei beni di largo consumo, +1%) sia nel numero di referenze disponibili a scaffale (+1,1%).
Il packaging è uno dei tanti fattori, di certo non sufficiente per definire la sostenibilità di un prodotto, ma merita comunque un’indagine a parte, in quanto si presenta a tutti i consumatori – dal nuovo cliente fino a quello più fidelizzato – come un biglietto da visita, che al primo colpo d’occhio suggerisce già un sapore, un indizio (vero o falso) sul posizionamento del brand. Il packaging può essere dunque un eccellente supporto di comunicazione, ma secondo l’Osservatorio Nestlé sul settore food, quasi tre italiani su dieci sono influenzati nelle loro decisioni d’acquisto soltanto guardando il materiale di cui è composto. In questo campo si moltiplicano le innovazioni tecnologiche ma si guarda anche indietro, a vecchi materiali e vecchie pratiche che non hanno perso la loro efficacia, come conferma l’acquisizione degli iconici vasetti di vetro Le Parfait (un’azienda del 1830) da parte di Berlin Packaging.
L’impegno concreto dell’industria alimentare può essere cruciale per diffondere una cultura dello sviluppo sostenibile, basti pensare che per l’ONU il 30% delle emissioni globali sono imputabili alla catena del cibo (il 40% da agricoltura e allevamento, un terzo dai cambiamenti di uso del suolo, un quarto dalla supply chain). Nel nostro paese, per ora, i retailer con i loro prodotti a marchio sembrano i più veloci a innovare. La private label nel 2023 arriva prima nella corsa alla “sostenibilizzazione” della filiera e del packaging richiesta dal mercato e (sempre più spesso) dall’Unione Europea, celebrata da una crescita costante di volumi e fatturato che supera la media nazionale e abbraccia altre linee non strettamente green (premium, bio, KM0). I punti di forza: informazioni chiare, misurazioni scientifiche standardizzate, prodotti utili (ma anche voluttuari, se molto amati), prezzi convenienti.