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Microcommercio, per andare avanti serve un patto con la comunità

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Tutti lo vogliono, tutti lo sostengono, ma il commercio di prossimità fa vita sempre più difficile. Mentre le principali città italiane tentano un rilancio, a Bari si sperimenta con successo una strada innovativa. La nostra intervista.

I negozi di vicinato soffrono. Lo certifica, ancora una volta, la ricerca Demografia d’impresa nelle città italiane, realizzata dall’Ufficio Studi di Confcommercio in collaborazione con il Centro Studi Guglielmo Tagliacarne. In undici anni, in Italia sono spariti oltre centoundicimila negozi al dettaglio. Una desertificazione che non fa differenza tra Nord e Sud del Paese e che colpisce in primis i cittadini, perché insicurezza, micro-criminalità, riduzione del decoro urbano e perdita di valore degli immobili residenziali sono tutte potenziali conseguenze di città poco fruibili e poco vivibili. Un ruolo cruciale lo hanno efficaci politiche pubbliche. Torino, Milano, Bologna hanno messo in campo diverse iniziative. L’iniziativa del Comune di Bari si chiama Un Negozio non è solo un negozio e ha trovato un modo originale di legare i negozi di prossimità con la comunità. Ce lo hanno raccontato Laura Magnani e Stefano Daelli di From, partner strategico e creativo per la trasformazione urbana, che ha lavorato con il Comune di Bari.

«Funziona così: il Comune finanzia i negozi di quartiere con un contributo a fondo perduto fino a cinquantamila euro. In cambio, le attività beneficiarie si impegnano a promuovere attività, iniziative e servizi gratuiti per migliorare la città ed il quartiere in cui sono insediate o contribuire al progresso della comunità locale. Si tratta di una misura abbastanza unica in Italia, per la quantità di soldi erogati, per platea a cui vengono erogati e per meccanismo che mette in piedi: una restituzione che impatta in maniera positiva e diretta sulla collettività. Un meccanismo semplicissimo ma che nessuno aveva implementato in maniera così strutturata e potente».

 

Qualche esempio concreto?

«Il negozio di tecnologia che organizza un corso per la digitalizzazione per gli anziani o apre uno sportello per fare lo SPID. Il negozio di animali che riceve il finanziamento per l’avvio di un e-commerce e, in cambio, fornisce nozioni sulla gestione del cane nei parchi pubblici o ancora il negozio di cosmesi che, in partnership con associazioni che si occupano di persone con malattie croniche, offre loro una consulenza personalizzata per correggere, al livello cosmetico, gli effetti visibili di quella malattia. E così via. Sono più di novanta gli esercizi commerciali che hanno vinto la prima edizione di questo bando che è stato concepito per essere molto semplice, anche nel linguaggio. Inoltre il Comune ha costruito le politiche di sostegno partendo dai bisogni della comunità di riferimento. Ai commercianti è stato chiesto non solo di cosa avete bisogno ma anche cosa volete offrire alla città»

 

Accanto alle risorse avete dato anche formazione?

«La scuola barese di commercio è il tassello finale di questo percorso. La comunità ti da le risorse, ti chiede qualcosa in cambio ma ti deve anche dare competenze per poter svolgere al meglio il tuo lavoro. Il commercio sta cambiando non solo perché c’è digitale, ma perché se io ti chiedo di fare progettazione culturale o progetti di innovazione sociale ti devo dotare delle competenze necessarie. Abbiamo avuto più di cento commercianti ad ogni appuntamento: chi aveva già vinto e aveva bisogno di formazione e aspiranti imprenditori».

 

Avete illustrato la vostra case ad Eurocities, la rete delle principali città europee. Cosa vi ha colpito di più in quel contesto?

«Al di là dei singoli progetti la cosa che ci è sembrata più interessante è che tutte le città si trovano a condividere delle sfide simili: l’ambiente, l’inclusione, la connessione tra le persone. L’altro elemento di unione è il fatto che tutti stanno approcciando il commercio come uno strumento di sviluppo del contesto urbano e della qualità della vita delle persone, come una leva di sviluppo sociale e non solo economico».