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Né Millennials, né Zoomers. Vi presento la Generazione T

Francesco Sommariva, Director of Growth Partnerships di TikTok Italia, ci racconta le nuove sfide della piattaforma e delinea il ritratto di un nuovo cluster di consumatori.

A pensare che sia un’app per teen-ager ormai sono rimasti in pochi (e probabilmente fuori dal mondo). Oggi TikTok, la piattaforma di proprietà di ByteDance, sta diventando un ambiente sempre di più cross generazionale, che sfrutta i propri punti di forza per essere luogo di intrattenimento, motore di ricerca, app di shopping e terreno di attivismo. Merito di alcune peculiarità: in primis la sua interfaccia intuitiva e gli strumenti di editing accessibili, che consentono a chiunque di produrre video di alta qualità.

Poi un algoritmo altamente efficace nel mostrare contenuti pertinenti agli interessi degli utenti, cui va aggiunta la sterminata library musicale che permette agli utenti di sincronizzare i loro video con brani popolari, contribuendo a creare un’esperienza di fruizione più coinvolgente. Non ultima, la costante capacità di innovazione: dalle funzionalità sempre più avanzate per la creazione di contenuti, come filtri ed effetti speciali, alla possibilità di personalizzare i contenuti del feed, fino alle nuove funzioni di e-commerce che (in alcuni paesi) permettono di fare acquisti in app.

Il risultato? Dai 656 milioni di utenti del 2016 al miliardo e oltre di utenti a livello globale (di cui 134 milioni in Europa) registrati nel 2023. Ma soprattutto una vetrina per creator emergenti e un terreno ineludibile per i brand, che possono trovare sulla piattaforma un playground eccezionale, a patto di riuscire a rispettarne spirito e constituency. Ne abbiamo parlato con Francesco Sommariva, Director of Growth Partnerships di TikTok Italia.

 

Chi c’è oggi su TikTok? 

Oggi TikTok è una grande realtà e non solo a livello globale. Conta 134 milioni di utenti attivi in Europa, che usano la piattaforma a scopo di intrattenimento, con un crescente tempo trascorso, e rappresentano una notevole opportunità per i brand. In questi anni, inoltre, TikTok è diventata grande, anche in termini anagrafici: due terzi degli utenti hanno più di venticinque anni, contro lo stereotipo della predominanza dei 18-24. Non parliamo più quindi di Generazione Z, ma di Generazione T, che è cross-generazionale.. 

 

Come definiresti la Generazione T?

Autentica. Spontanea. Creativa. 

Autentica perché si tratta di persone che creano contenuti e si rivolgono direttamente agli altri utenti, in maniera immediata, non patinata, non costruita. 

Spontanea perché è una generazione che rigetta ciò che è patinato e vuole davvero vedere e far vedere se stessa. Il creator che si impone all’attenzione è quello che, grazie al suo modo di comunicare spontaneo e autentico, riesce a guadagnarsi la fiducia della community che lo segue e, di conseguenza, dei brand.

E poi creativa. Perché essere creativi è la base per poter stare su TikTok, un media che ha cambiato le regole della fruizione del video su mobile. Con la feed dei per te, infatti, si inverte il paradigma, che prima era “seguo, quindi vedo”. Su TikTok scopro creator nuovi, dunque li seguo. Ed è la creatività che sta alla base di questo meccanismo. La generazione T premia la creatività di chi genera contenuti interessanti e originali.

 

I retailer italiani che sono arrivati o stanno arrivando su TikTok come si comportano? Hai notato differenze rispetto ad altri paesi, o c’è una modalità comune?

Intanto, vorrei dire che non è vero che gli italiani arrivano sempre per ultimi: i retailer italiani, dai piccoli ai grandi, si sono affacciati su TikTok con una tempistica eccezionale, già dal 2021 e possiamo dire che oggi siamo passati dalla fase esplorativa a una fase di integrazione completa. Ovviamente si tratta di un’integrazione che non può prescindere dalla peculiarità della piattaforma e dal mindset di chi la frequenta: un’audience con un comportamento di acquisto molto specifico, basato sulla condivisione e circolazione di contenuti (e prodotti) in modo altamente innovativo, che incidono in maniera molto precisa sulle scelte di acquisto. Lo dimostrano trending hashtag da tre miliardi di utilizzo come #TikTokMadeMeBuyIt e casi eclatanti come quello di Kiko che, con una certa sorpresa, ha visto un suo lucidalabbra andare freneticamente in rottura di stock, perché su TikTok lo provavano tutti. 

Dunque c’è l’audience, ma anche un mindset propedeutico all’ascolto e all’acquisizione di nuovi comportamenti di consumo. La community di TikTok è per una volta e mezzo più disposta ad acquistare prodotti che scopre sulla piattaforma, rispetto ad altri canali. I retailer, quando sbarcano, hanno spesso paura di snaturare il proprio marchio, le proprie guideline di comunicazione. La domanda che si fanno è: “Come essere autentico per l’audience e coerente al brand senza creare compromessi che potrebbero diminuire il potere della comunicazione?”.

 

La GDO come si è approcciata? Ha avuto fiducia e slancio o c’è ancora diffidenza?

La GDO mi ha molto sorpreso, sia per la capacità di timing nell’apertura dei canali sia per la creatività con cui i protagonisti di questo settore hanno organizzato i contenuti. Esselunga ha fatto un lavoro eccezionale: hanno abbracciato completamente i contenuti della piattaforma, hanno creato un canale organico e hanno integrato i video all’interno della loro strategia di promozione full-funnel. Con i video organici si sono agganciati ai trend dalla piattaforma, ma hanno anche creato i loro propri trend. In modo originale hanno affrontato un mito urbano, da sempre legato a Esselunga, ovvero che sia un posto dove si possono fare “conquiste” e che i clienti ci vadano anche per questo motivo. Allora si sono inventati che l’ananas nel carrello fosse un segno di riconoscimento per chi è in cerca di nuove avventure, e hanno giocato sulla comicità di questo gesto realizzando i video con il comico Luca Ravenna. Per me, questo la dice lunga sulla grande varietà di approcci al linguaggio di TikTok e su come Esselunga abbia accolto la sfida con entusiasmo, integrando i nuovi linguaggi con la propria strategia di marketing, dal drive to store all’awareness.

 

Forse anche TikTok si sta muovendo in una direzione nuova, sperimentando delle modalità più tradizionali come il volantino digitale?

La nostra filosofia è dare valore agli utenti, offrendo un’esperienza integrata e nativa. Sappiamo che gli utenti scoprono continuamente nuovi retailer, a volte anche sfogliando volantini online, e naturalmente per i brand è fondamentale disporre dei formati giusti. Quindi recentemente abbiamo lanciato due nuovi formati (caroselli e video shopping ads) che danno visibilità ai prodotti in maniera perfettamente integrata con il feed, portando direttamente all’e-commerce del brand. Questa è un’evoluzione di experience che interessa non solo la GDO, ma tutto il mondo retail, ed è già molto sfruttata.

Parlando di retail fisico, che continua a segnare la prevalenza dei fatturati e dei comportamenti d’acquisto, va detto che per i brand è fondamentale capire l’impatto delle campagne social sul foot traffic in punto vendita. Abbiamo quindi fatto degli sforzi per offrire sistemi di misurazione avanzati del drive to store. Una partnership con FourSquare negli Stati Uniti ci dà questa possibilità, tracciando i movimenti dei consumatori nel rispetto della loro privacy, e siamo alla ricerca di partnership per replicare la stessa esperienza in Europa.

 

L’attività di TikTok può avere una ricaduta diretta nel retail tradizionale?

Sì, questa per noi è una grande novità, che ricalca abitudini di consumo con cui i consumatori sono già in confidenza da molti anni. Potremmo dire che “Visto su TikTok”, riferito a un prodotto, è il nuovo “L’ho visto alla tv”. E la bella esperienza di Mondadori, con i corner BookTok in cui sono esposti i libri che sono andati trending sulla piattaforma, conferma che i trend possono veramente diventare parte integrante della strategia, e anzi possono entrare fisicamente nei punti vendita. In altre parole, è un comportamento del consumatore che ha portato a un’efficace iniziativa di trade marketing da parte dei retailer.

 

Abbiamo anche letto di un TikTok shop in fase di test in alcuni paesi del mondo.

Sì, il social commerce è già una realtà che permette di convertire la propria presenza sulle piattaforme di intrattenimento in obiettivi di traffico sui propri siti. In UK e in USA abbiamo iniziato un percorso per integrare gli strumenti di acquisto direttamente all’interno dell’app, si tratta di un esperimento che ha avuto già un riscontro di grande entusiasmo da parte dei retailer. Non abbiamo tempistiche esatte riguardo a quando potremo sperimentarlo in UE, ma ci stiamo lavorando, perché la natività del flusso può agevolare molto sia i retailer che i consumatori. Agli utenti interessa la fase della scoperta, ma quando scelgono, vogliono anche passare con facilità alla fase dell’acquisto. Che può avvenire in negozio, o senza nemmeno uscire dall’app.