Centri commerciali fuori dalla crisi, footfall in crescita grazie al food
Media delle vendite oltre i livelli pre-covid, i segnali migliori da ristorazione e leisure. Prossimo obiettivo il footfall, senza dimenticare l’emergenza ambientale che chiama in causa anche i tenants.
Il 2023 dei centri commerciali ha il segno più. Roberto Zoia, presidente di CNCC, l’aveva predetto: come raccontava in aprile nella sua prima intervista ad Altavia Watch, il settore è arrivato non solo a un risultato di crescita sull’anno precedente (+2,4%) ma anche al giro di boa del 2019, superato di un punto sul valore delle vendite. «Nonostante i risultati diversi tra merceologie, il fatturato 2023 conferma la validità e l’apprezzamento da parte dei consumatori del modello centro commerciale. Altri indicatori come la ripresa degli ingressi nei cinema e la forte performance della ristorazione ci rendono comunque ottimisti per il 2024», dichiara adesso Zoia a MarkUp. L’ultima conferma è arrivata dalla stagione molto “fredda” dei saldi invernali, dove invece i mall hanno aiutato i brand dell’abbigliamento a sostenere le performance, che soffrivano nei centri città.
Il peso dell’inflazione affiora da un dato: rispetto al 2019 c’è un minor numero di persone che si reca al centro commerciale (oppure le stesse persone lo visitano con minore frequenza), quantificato nel -9,2%. Lo stesso dato registra però un miglioramento (+6,8%) rispetto al 2022, anno della piena riapertura post-covid. La necessità di recuperare terreno sugli ingressi induce i centri commerciali a lavorare su un fronte che è già “trending” tra gli operatori del retail real estate: potenziare food, leisure e servizi. La ristorazione costituisce un’attrazione culturalmente alternativa (ma non certo escludente) rispetto allo shopping: l’ampia scelta di proposte gastronomiche genera curiosità nel consumatore che oggi può progettare una visita al centro commerciale per il solo scopo di mangiare fuori (e lo conferma il vigoroso risultato del +15,8% per le food court). Aumentano quindi il footfall e, di conseguenza, le opportunità di cross-selling in ambito non-food. Leisure e servizi svolgono un ruolo simile a beneficio delle altre merceologie e interagiscono bene con le comunità più ravvicinate al sito del centro, avvalorando l’opportunità di integrare i siti di nuova generazione in contesti dinamici (non prettamente residenziali) ovvero di integrare edilizia ad uso professionale nel progetto stesso di mall. Un’altra crescita a due cifre riguarda la cura della persona (+10,4%), «segno di un consumatore più legato al concetto di benessere, alla ricerca di momenti conviviali e di svago, che riconosce nel centro commerciale una gamma di servizi ampia e strutturata», commenta Marco Daviddi, strategy & transactions managing partner di Ernst & Young in Italia, indicando un percorso che può favorire la prossima evoluzione del settore.
Per Philippe Journo, fondatore e presidente della Compagnie de Phalsbourg (tra i leader del mercato francese), il futuro dei centri commerciali deve soddisfare quattro criteri fondamentali: architettura, ecologia, digitale e benessere dei consumatori, «non a un livello accettabile, ma puntando all’eccellenza». Progetta quindi i nuovi siti in forte sinergia con i tenants, sempre più vicini al ruolo di partner che condividono strategie commerciali e un impegno concreto per lo sviluppo sostenibile. «Un obiettivo – racconta Journo ad Altavia Watch – è ridurre del 55% il carbon footprint dei nostri centri entro il 2025. Per raggiungerlo abbiamo redatto un documento che prevede venti impegni a nostro carico altri quindici a carico dei tenants, tra cui ridurre o eliminare l’uso di alcune apparecchiature elettriche (illuminazione, schermi, sistemi di riscaldamento e ventilazione) fuori delle ore di punta, eliminare la plastica monouso, massimizzare la vegetazione e fornire punti di compostaggio». Il 92% dei trecentocinquanta brand coinvolti dalla Compagnie de Phalsbourg hanno già siglato il documento.