Cogliere l’upcycling al balzo: due cose da fare e due da evitare.
L’upcycling è una cosa seria e non una questione di facciata, di comunicazione, di marketing. È una sfida che richiede idee chiare, concretezza e capacità di rivoluzionare il modello di business di un’azienda e della sua filiera. Ecco, dunque, che risulta importante circoscrivere il perimetro, mettendo nero su bianco le cose da fare e quelle da non fare per iniziare nel modo giusto questo percorso. La selezione è curata dall’Osservatorio di Altavia.Disko.
Anche McKinsey nel suo ultimo rapporto, The State of Fashion, ha rilevato come il cammino verso la produzione circolare sia una delle sfide più importanti per il fashion system. L’attenzione sempre maggiore alla sostenibilità da parte dei nuovi consumatori e la possibilità di un uso razionale delle risorse aprono, infatti, le porte a numerose nuove opportunità. Per saperle sfruttare al meglio, però i brand devono essere capaci di compiere un cambiamento rivoluzionario della propria vision e dei modelli di business che ne derivano.
Cogliere l’upcycling al balzo.
L’upcycling è sicuramente un’opportunità nella direzione della condivisione di un maggior valore. Questo perché ambisce a utilizzare quello che sarebbe stato un mero scarto nei vecchi modelli lineari e da qui creare un nuovo prodotto di maggiore qualità. Per compiere al meglio i primi passi in questo territorio o per affinare la rotta di chi già se ne è lasciato coinvolgere, ecco 2 cose da fare e 2 da evitare.
2 cose da fare:
1 > Capire se ci sono elementi di compliance e certificazione.
Per aiutare il cliente a riconoscere una produzione sostenibile, le certificazioni da parte di soggetti terzi possono dare un contributo fondamentale. La garanzia della circolarità del prodotto e del rispetto di tutte le pratiche necessarie a ridurre l’impatto ambientale non possono più essere dominio esclusivo dei brand. È necessario rispettare gli standard comuni perché i clienti vogliono poter conoscere in modo semplice e immediato le pratiche virtuose messe in atto. Inoltre, il legislatore ha da tempo iniziato a porre la massima attenzione alla lotta a ogni forma di mistificazione nei confronti della transizione ecologica. Oggi il sistema delle certificazioni è estremamente articolato e risulta particolarmente complesso orientarsi nella selva di regolamenti ed enti accreditatori. È tuttavia possibile, rispettando standard internazionali molto severi, ottenere il riconoscimento ufficiale di una produzione circolare e sostenibile con attestazioni di prestigio internazionale. Per esempio, con la Global Recycle Standard, che certifica, oltre alla sostenibilità del prodotto finale, anche le pratiche circolari di tutte le aziende della filiera produttiva.
2 > Comunicare il “dietro le quinte”.
Il consumatore non si accontenta più delle informazioni riguardanti il prodotto finito. Comunicare l’upcycling significa inserire ogni fase di un processo estremamente complesso ed articolato nella narrazione del brand. Come viene ideata la nuova collezione? Perché si è scelta una particolare “materia prima” da riutilizzare? Qual è il beneficio per la collettività che questo riutilizzo comporta? Queste sono solo alcune delle domande a cui i brand devono rispondere nel loro dialogo con un mercato sempre più attento. Un mercato che pretende una risposta sincera e coerente ai nuovi bisogni universali il cui primo è quello di potersi riconoscere nei valori delle proposte commerciali “sostenibili”.
2 cose da evitare:
1 > Non pensare all’upcycle come a una mera leva comunicazionale.
Non è sufficiente un comunicato stampa per essere percepiti come sostenibili. Come più volte ribadito, i consumatori sono infatti sempre più informati e puniscono politiche di facciata e pratiche di greenwashing ancora prima del legislatore. È necessario pensare a modelli innovativi che coinvolgano l’intera filiera produttiva. Proporre progetti estemporanei con l’illusione di intercettare il trend green è un errore comune per i nuovi player. Così come lo è l’assenza di una comunicazione coerente. Per esempio, la strategia di inserimento di una capsule collection circolare all’interno di una produzione tessile tradizionale è uno di quei comportamenti su cui ci sentiamo di consigliare prudenza. L’upcycling non può più essere considerato come un mero strumento di marketing, ma deve essere una delle leve di innovazione dell’attività aziendale nel suo complesso.
2 > Non dimenticare l’attivazione commerciale.
La sostenibilità in un progetto di upcycling, oltre che ambientale, è necessariamente anche finanziaria. Alcuni dei first mover hanno investito in un posizionamento sostenibile per guadagnarsi un vantaggio competitivo facendo da apripista per il settore. Oggi, che auspicabilmente ci rivolgiamo a tutti quegli attori che vogliono contribuire alla trasformazione circolare dell’economia, dobbiamo ricordare l’importanza di una pianificazione anche commerciale delle nuove proposte al mercato. La rivoluzione green deve avere l’ambizione di salvare il nostro pianeta e passa dal cambiamento dei modelli produttivi delle nostre industrie. I prodotti virtuosi devono comunque generare quello scambio commerciale che garantisce parte di quelle risorse necessarie a garantire la sostenibilità economica delle imprese.
In collaborazione con LINEAPELLE MAGAZINE