Fashion on demand: l’abito a misura di cliente per un’offerta più sostenibile
La moda su prenotazione è vantaggiosa per chi la sceglie, perché garantisce un capo unico e sostenibile, e per i brand, perché riducono sprechi e costi. Ma per una vera trasformazione dell’industria sembra ancora presto.
Desigual ha appena presentato la sua prima collezione on demand, abiti che non esistono ancora ma sono stati progettati dall’intelligenza artificiale. La produzione inizierà solo dopo aver riscontrato l’effettivo interesse del pubblico, che potrà anche modificare il capo scelto, ordinando così un prodotto creato dall’azienda in esclusiva.
Da qualche anno continua a crescere il numero dei brand che sceglie di testare le possibilità dei nuovi servizi. La filiera customer oriented è anche alla base dell’offerta di un colosso dell’abbigliamento low cost come Shein, che inizia ogni produzione con un numero ridotto di pezzi, tra i cento e i duecento, ne osserva in tempo reale le vendite, e, in caso di risultati positivi, la incrementa, con una stima molto precisa dei ricavi futuri. La merce invenduta di Shein, infatti, non supera quasi mai il 10% del totale, mentre la media del settore è del 30%.
I potenziali vantaggi, per i marchi della moda, non si limitano alla riduzione della quantità di merce invenduta. Produrre meno, e solo quando richiesto, può alleggerire gran parte dei processi industriali e di logistica, facilitando anche il nearshoring, l’avvicinamento della produzione alla casa madre del marchio, con un impatto positivo sulla sostenibilità dell’intera filiera, grazie alle minori distanze percorse dai materiali e dal prodotto finito.
Ma una trasformazione radicale della produzione richiederebbe anche il totale cambiamento di tutte le logiche dell’industria del fashion. Non si sa nemmeno come potrebbe essere accolta dal pubblico della moda, così eterogeneo nei comportamenti e nelle scelte d’acquisto.
La stessa produzione customizzata di Desigual, che comincia solo dopo l’ordine del cliente, rende per molti aspetti più lunga e complessa la consegna finale, che può richiedere fino a novanta giorni. Sembra, quindi, un modello difficilmente utilizzabile per l’intera l’offerta del marchio spagnolo.
Secondo diversi esperti, almeno nel breve termine, l’on demand non rivoluzionerà il mondo dell’abbigliamento. Ne abbiamo parlato con David Pambianco, direttore di Pambianco, una delle riviste più autorevoli del settore fashion, e gli abbiamo chiesto un parere sulle possibili prospettive. «Questi servizi esistono, in realtà, da diversi anni» ha ricordato Pambianco. «Hanno dimensioni limitate a livello quantitativo e sono nati sulla scia del trend di lungo periodo, che vede i brand alla ricerca di modalità sempre nuove di proporre i propri prodotti al consumatore. In questo caso fanno leva sulla volontà di personalizzazione da parte del consumatore, che, per questo, è disposto a pagare un quid in più. Questo sistema resterà quindi, secondo me, una nicchia, nell’ambito del mercato complessivo della moda».