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Second hand: il ruolo del lusso in un mercato dell’usato davvero sostenibile

Continua il successo della moda second hand, ma una crescita incontrollata della domanda può anche avere risvolti negativi. Le grandi piattaforme privilegiano la qualità e investono nel luxury.

Vestiaire Collective ha da pochi giorni comunicato il lancio di una campagna di crowdfunding  aperta a tutti icittadini europei. L’obiettivo è quello di raccogliere almeno un milione di euro per raggiungere la redditività degli investimenti entro la fine del 2024. Questa decisione, che segue una precedente raccolta fondi interna rivolta ai dipendenti, riflette la fiducia della piattaforma nella crescita continua della domanda di abbigliamento di seconda mano.

Uno studio del 2022, condotto da Bva Doxa per Subito, ha definito le dimensioni del mercato della moda second hand in Italia, arrivato a un valore di venticinque miliardi di euro, pari all’1,3% del PIL, con 24 milioni di italiani che acquistano prodotti usati. In particolare i Millennials e la Gen. Z sono attratti dalla sostenibilità e dal prezzo basso, mentre i consumatori più anziani prediligono prodotti di lusso. Raffaello Napoleone, ad di Pitti Immagine, stima che il mercato globale del second hand possa raggiungere un valore di centinaia di miliardi di euro entro il 2025.

La crescita del settore ha richiamato anche l’attenzione delle istituzioni. L’OCSE ha introdotto un modello di rendicontazione per la gig economy che riporta i guadagni degli utenti che vendono vendono i loro prodotti sulle piattaforme. Gli stati membri dell’UE hanno così iniziato a scambiarsi automaticamente informazioni sui redditi generati dalle vendite online e in Inghilterra marketplace per abiti usati sono tenuti a rendere pubblici i guadagni degli utenti.

Nonostante il contributo evidente del second hand all’economia circolare, esistono, inoltre, alcune preoccupazioni sulle possibili conseguenze di una sua crescita incontrollata. Maxine Bédat, direttrice del New Standard Institute,  in un’intervista a Vogue Business mette in guardia sul possibile rischio di un incremento anche del consumo primario, stimolato dalla percezione di riciclabilità e di una seconda vita dei nuovi prodotti acquistati.

In risposta a questi rischi, negli anni Vestiaire Collective ha scelto di concentrare i suoi sforzi su un offerta che valoizza la qualità del prodotto, fino ad arrivare alla recente esclusione dalla piattaforma 30 marchi di fast fashion. Vinted, che grazie all’abbigliamento usato diventato il terzo e-commerce di moda in Europa, ha invece scelto di consolidare la sua presenza nel luxury lusso con l’acquisizione e l‘integrazione dei servizi di Rebel.