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Sobriété, Responsabilité, Sustenabilité. La rivoluzione del retail è davvero cominciata?

 

Il campo lessicale di questa stagione, nel retail, è inequivocabile. Forse stiamo davvero entrando in una nuova era, che segna una svolta radicale e decisiva nell’idea stessa che potevamo avere del commercio appena due anni fa.

 

Questo mese di settembre, che dopo più di due anni di pandemia segna la fine della prima estate libera da misure sanitarie, non assomiglia affatto al ritorno alla normalità che si poteva immaginare quando è stato messo in atto il primo lockdown nel marzo 2020.

La pandemia stessa aveva già introdotto quelle che sarebbero diventate nuove abitudini, in particolare nel mondo digitale (click and collect, live shopping, ecc.), ed era stata testimone di un cambiamento nella mentalità dei consumatori che, in numero crescente, hanno espresso il desiderio di rivolgersi a un commercio responsabile e più rispettoso dell’ambiente.

Gli ultimi mesi sono stati segnati dall’evidenza dell’emergenza climatica, dalle conseguenze dell’inflazione sul potere d’acquisto e dalla crisi delle materie prime causata dal conflitto in Ucraina. Questo contesto, tutt’altro che favorevole al consumo sfrenato, sta spingendo i rivenditori e i loro clienti a mostrare una sobrietà senza precedenti. Così, il dibattito pubblico, nel settore del retail, ruota sempre di più attorno a parole come frugalità, sobrietà e a temi come responsabilità, sia sociale che ambientale. Una propensione alla frugalità che non sembra percepita come destinata a spegnersi, una volta superato il picco dell’inflazione. Lo ha detto molto chiaramente il presidente francese Macron ai suoi concittadini, parlando di fine dell’età dell’abbondanza. Lo ha dimostrato, dati alla mano, il rapporto Coop presentato qualche giorno fa: i consumi si stanno adeguando a quella che viene definita una nuova sobrietà alimentare.

E in effetti, in tutta Europa, alcune azioni dei retailer parlano chiaro: Selfridges mira ad avere la metà delle interazioni con i clienti basate sulla rivendita, la riparazione, il noleggio o la ricarica entro il 2030. Parola di  Andrew Keith, alla guida della catena di grandi magazzini secondo cui l’iniziativa mira a “cambiare il modo in cui le persone fanno acquisti e costituirà la spina dorsale dell’attività”, affermando che “l’importante è incoraggiare le persone a pensare a come prolungare la vita di un prodotto”.

Il desiderio di orientarsi maggiormente verso modalità di consumo sostenibili è stato realizzato di recente anche da Leroy Merlin, che sta testando una offerta di noleggio di kit di attrezzi sul suo sito di e-commerce, o da Michael Kors, con il lancio del suo mercato dell’usato, Michael Kors Re-loved.

Se davvero nel commercio si darà sempre più spazio a riciclo, riuso, noleggio in un’ottica permanente e non per mero greenwashing,  gli attori che hanno già optato per modelli sostenibili e meno costosi per il consumatore saranno un esempio nei mesi e negli anni a venire per tutti coloro che vorranno giocare un ruolo importante nella costruzione del commercio di domani.